Die Hard – Nakatomi Plaza PC
Nel lontano 1988 debuttava sul grande schermo l’agente di polizia John McClane, interpretato da un adrenalinico Bruce Willis, nel celebre “Trappola di Cristallo“.
Dopo ben 14 anni, il feroce scontro tra i banditi guidati dal gelido Hans e l’eroico poliziotto di New York torna sui nostri computer, dandoci la possibilità di rivivere, più o meno fedelmente, gli avvenimenti del film, ovviamente dalla parte del “buono”. Sulla trama non credo sia il caso di dilungarci troppo, vista la popolarità della pellicola, anche se un paio di precisazioni vanno fatte. Innanzitutto, il numero di avversari è comprensibilmente aumentato, anche perché un videogioco della durata di sole due ore non avrebbe avuto vita facile. Sono presenti, inoltre, alcune ambientazioni e “scene” inedite. Insomma, un film come “Die Hard” può essere una buona fonte di ispirazione, ma non è in grado di sostenere, senza qualche aiuto, la longevità usualmente associata ai videogiochi.
La trasposizione è realizzata piuttosto bene, con la presenza dei personaggi comprimari e con le immancabili battute del protagonista, purtroppo comprensibili solo per chi ha dimestichezza con l’inglese. Stranamente, non si avrà modo di vedere nel corso delle varie scene di intermezzo la raffigurazione computerizzata di Bruce Willis o di Alan Rickman (il capo dei banditi nel film), fatto che forse può essere attribuito a questioni di diritti e di sfruttamento dell’immagine più che ad altre problematiche. Per quanto riguarda, invece, il gioco vero e proprio, bisogna confessare la mancanza effettiva di chissà quale impressione scaturita da Die Hard Nakatomi Plaza. Il gioco rientra in quelle produzioni senza infamia e senza lode, che potrebbero stuzzicare i fan del genere o, in questo caso, del film, ma che non riesce a reggere il confronto con la concorrenza. Venendo alla sostanza, si individuano tre aree traballanti.
La prima è data dallo scarso sfruttamento del sistema grafico, il LithTech 2.5, una versione più aggiornata di quella usata per No One Lives Forever. Infatti, se le varie armi, le fattezze dei personaggi, le animazioni e gli interni sono resi con cura e con un buon livello di dettaglio, è anche vero che Nakatomi Plaza è terribilmente spoglio. Questa caratteristica potrebbe essere considerata realistica, visto che ci muoviamo di notte, all’interno di freddi e sterili uffici; ma nei pochi livelli in cui è consentito ammirare il cielo, questo è rappresentato da un semplice sfondo, nero come la pece. L’ambiente, poi, è poco interattivo, mentre il sistema dei danni lascia decisamente perplessi, visto che pare concedere un po’ troppo alla fantasia, pur considerando la genesi del gioco.
L’impressione è che le potenzialità del LithTech siano state impiegate solo limitatamente e, alla fine, il titolo è convincente solo al primo impatto, mentre dubbi e perplessità sorgono con il proseguire della trama. Si rimane poco soddisfatti anche dal ritmo dell’azione e dalla struttura delle missioni. In poche parole, più che uno sparatutto, si potrebbe definire Nakatomi Plaza uno “sparasempre”. Non avremo molto altro da fare, oltre che consumare quantitativi spropositati di munizioni. I banditi non riescono a dimostrarsi molto più che dei “rubagalline” pesantemente armati e, a parte poche occasioni, il loro comportamento è piatto e prevedibile. Con quello che, oggi come oggi, possono offrire gli sparatutto, limitarsi a sparare, ricaricare e muoversi, è troppo poco.
A onor del vero, esistono missioni con obiettivi formalmente diversi dal bruciare migliaia di proiettili, ma la sostanza non cambia. Solamente una volta si potrà constatare un minimo di varietà sostanziale, cioè quando si dovrà impedire la detonazione di alcune cariche esplosive. In tal caso, disporremo di un tempo limitato per disinnescare le bombe, ma oltre ad essere estremamente breve, questo livello rappresenta un po’ la mosca bianca all’interno di una struttura già vista e rivista.
Infine, l’ultima pecca è data dall’assenza della modalità multiplayer. àˆ pur vero che Nakatomi Plaza vanta oltre 30 livelli, ma la possibilità di scontrarsi o di cooperare con altri giocatori è una caratteristica piuttosto comune alla concorrenza, per non dire quasi scontata. In conclusione, quest’ultima trasposizione di un successo cinematografico lascerà ahimè piuttosto freddi, e il solo prezzo competitivo non basta ad ottenere più che una risicata sufficienza.